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Condizione disco: Very Good Plus
Disco in buone condizioni suonato poche volte. La sua superficie può avere piccolissimi graffi o segni superficiali che influiscono minimamente sulla qualità sonora.
Condizione cover: Very Good Plus
Copertina che si presenta in buone condizioni ma non ottime.
Formato: CD | Genere: Hip Hop USA
Solo 1 pezzi disponibili
Categorie: CD, Hip Hop USA, Soundtracks, stage & screen, Very Good Plus, Very Good Plus.
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Spedizione & Restituzione
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Peso | 0.80 kg |
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Operazione Sole” come l’estate, si spera, imminente; “Operazione Sole” come la canzone del 1967 di Peppino Di Capri, considerata, forse a torto, la prima ska in Italia, ma sicuramente la prima a parlare di Giamaica e ritmi in levare.
Il disco che avete in mano vuole essere una testimonianza di quanto i suoni nati a Kingston fra gli anni ’60 e gli anni ’70 abbiano non poco influenzato il pop nostrano.
Con la prima esplosione del reggae in Inghilterra fra il 1968 ed il 1970, nonché con l’assurgere di Bob Marley a fenomeno di culto mondiale, parallelo al fenomeno tutto inglese della Two Tone e del revival ska, l’Italia, sempre attratta dalle nuove tendenze non solo inglesi, non poteva certo stare alla finestra.
Pertanto queste innovative e sconosciute sonorità in levare, derivate dal blues degli anni ’50 e rimescolate in salsa caraibica, hanno preso piede anche nel Belpaese.
Si inizia già nel 1959 con il brano “Nessuno” di Mina, considerabile a tutti gli effetti uno shuffle giamaicano, per arrivare in pochi anni al blue-beat (I 4 di Lucca, Claudio Casavecchi) ed allo ska (Margherita, Peppino Di Capri, Silvano Silvi, Renzo e Virginia) ed essere proiettati al primo reggae (ad esempio Jo Fedeli e la sua versione italiana di “Israelites” di Desmond Dekker).
Si giunge così, rapidamente, alla fine del decennio del boom economico e cambiano la cultura, gli stili, i riferimenti: il tutto diventa più impegnato (a livello culturale, artistico e politico). Dopo una fase di stallo durata più di un lustro, ecco che il reggae di Bob Marley (considerato una sorta di nuovo Messia) conquista il pianeta, Italia compresa: i produttori e gli artisti, anche ad alto
livello, per qualche anno non rimangono affatto indifferenti a questa novità e decidono di introdurre il “levare”, in primis il reggae, nei vari repertori pop: nomi conosciutissimi come Loredana Bertè, Mario Lavezzi, Rino Gaetano, Ivano Fossati, Ilona Staller, Adriano Celentano, Edoardo Bennato (giusto per elencarne alcuni) si buttano a capofitto in nuove avventure sonore, in maniera sì pionieristica, ma spesso con ottimi risultati.
La raccolta “Operazione Sole” vuole prendersi il merito, invece, di proporre e far scoprire artisti meno conosciuti (fatta eccezione per Gino Santercole, già sodale e parente de Il Molleggiato), spesso delle vere e proprie meteore nel panorama musicale italiano, che hanno cercato di ottenere (o raggiungere nuovamente) il successo adattando il pop tanto in voga in quegli anni ai nuovi suoni black imperanti in occidente.
Siamo nei primi anni ’80 e si va dal reggae più classico, alla italo-disco contaminata dal dub sino alla verace napoletanità che, in più di un’occasione, nel suo essere endemicamente “nera” e piena di groove, ha strizzato l’occhio agli accordi made in Kingston e London.
“Operazione Sole”: una piacevole opera filologica, ma avvolta da un
altrettanto piacevole aura di disimpegno.
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Operazione Sole” come l’estate, si spera, imminente; “Operazione Sole” come la canzone del 1967 di Peppino Di Capri, considerata, forse a torto, la prima ska in Italia, ma sicuramente la prima a parlare di Giamaica e ritmi in levare.
Il disco che avete in mano vuole essere una testimonianza di quanto i suoni nati a Kingston fra gli anni ’60 e gli anni ’70 abbiano non poco influenzato il pop nostrano.
Con la prima esplosione del reggae in Inghilterra fra il 1968 ed il 1970, nonché con l’assurgere di Bob Marley a fenomeno di culto mondiale, parallelo al fenomeno tutto inglese della Two Tone e del revival ska, l’Italia, sempre attratta dalle nuove tendenze non solo inglesi, non poteva certo stare alla finestra.
Pertanto queste innovative e sconosciute sonorità in levare, derivate dal blues degli anni ’50 e rimescolate in salsa caraibica, hanno preso piede anche nel Belpaese.
Si inizia già nel 1959 con il brano “Nessuno” di Mina, considerabile a tutti gli effetti uno shuffle giamaicano, per arrivare in pochi anni al blue-beat (I 4 di Lucca, Claudio Casavecchi) ed allo ska (Margherita, Peppino Di Capri, Silvano Silvi, Renzo e Virginia) ed essere proiettati al primo reggae (ad esempio Jo Fedeli e la sua versione italiana di “Israelites” di Desmond Dekker).
Si giunge così, rapidamente, alla fine del decennio del boom economico e cambiano la cultura, gli stili, i riferimenti: il tutto diventa più impegnato (a livello culturale, artistico e politico). Dopo una fase di stallo durata più di un lustro, ecco che il reggae di Bob Marley (considerato una sorta di nuovo Messia) conquista il pianeta, Italia compresa: i produttori e gli artisti, anche ad alto
livello, per qualche anno non rimangono affatto indifferenti a questa novità e decidono di introdurre il “levare”, in primis il reggae, nei vari repertori pop: nomi conosciutissimi come Loredana Bertè, Mario Lavezzi, Rino Gaetano, Ivano Fossati, Ilona Staller, Adriano Celentano, Edoardo Bennato (giusto per elencarne alcuni) si buttano a capofitto in nuove avventure sonore, in maniera sì pionieristica, ma spesso con ottimi risultati.
La raccolta “Operazione Sole” vuole prendersi il merito, invece, di proporre e far scoprire artisti meno conosciuti (fatta eccezione per Gino Santercole, già sodale e parente de Il Molleggiato), spesso delle vere e proprie meteore nel panorama musicale italiano, che hanno cercato di ottenere (o raggiungere nuovamente) il successo adattando il pop tanto in voga in quegli anni ai nuovi suoni black imperanti in occidente.
Siamo nei primi anni ’80 e si va dal reggae più classico, alla italo-disco contaminata dal dub sino alla verace napoletanità che, in più di un’occasione, nel suo essere endemicamente “nera” e piena di groove, ha strizzato l’occhio agli accordi made in Kingston e London.
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